TOMMASO MORO
Note storiche su Isola di Utopia e Thomas More
L’Utopia è un opera di Thomas More, pubblicata nel 1516, che riporta la narrazione, articolata in due libri, del viaggio di fantasia del protagonista, Raffaele Itlodeo. Le due parti sono dedicate, rispettivamente, alla descrizione della situazione politica, economica e sociale dell’Inghilterra del XV sec. e alla rappresentazione della società ideale degli abitanti del regno dell’isola di Utopia.
Si tratta di un’opera – in linea con altre esperienze del periodo e/o successive – che è espressione dell’anelito dell’uomo del Rinascimento per una società basata sul primato della cultura, della pace e della libertà, contrapposta a quella inglese dell’epoca, criticata per i difetti e le contraddizioni sociali ed economiche.
Il titolo utilizza un neologismo dell’autore, volutamente ambivalente, che si fonda sul doppio significato del termine greco d’origine che indica, al tempo stesso, un “ottimo luogo” e un “non luogo” [ovvero “l’ottimo luogo (non è) in alcun luogo“]. L’uso ha dato origine al significato contemporaneo della parola “utopia”.
Che io possa avere la forza di cambiare le cose che posso cambiare, che io possa avere la pazienza di accettare le cose che non posso cambiare, che io possa avere soprattutto l’intelligenza di saperle distinguere. Tommaso Moro
Tommaso Moro fu personaggio di primario rilievo nell’Europa dell’epoca, innanzitutto, come politico, avendo ricoperto – durante il regno di Enrico VIII, negli anni fra il 1529 e il 1532 – l’incarico di Lord Cancelliere d’Inghilterra.
Fu anche illustre umanista, noto sia per il contributo culturale offerto al dibattito sulla dottrina protestante, sia per il suo dialogo e, poi, le sue polemiche con Erasmo da Rotterdam, che a Lui dedicò la sua opera più famosa (L’elogio della Follia).
È noto per il rifiuto opposto all’Act of Supremacy, emanato da Enrico VIII nel 1534 nell’ambito delle vicende del suo divorzio da Caterina d’Aragona (sorella della madre di Carlo V) e delle sue seconde nozze con Anna Bolena.
L’Atto di Supremazia affermava il primato della Corona sulla Chiesa in Inghilterra e diede origine allo scisma anglicano. La decisione di non accettarlo mise fine alla carriera politica di Tomaso Moro, conducendolo alla condanna a morte con l’accusa di tradimento. Questa non impedì, peraltro, la sua canonizzazione ad opera sia della Chiesa Cattolica, che di quella anglicana.